Ehi tu! Ci sei? Sei sul pezzo? L’argomento di oggi è tosto, cool e senza tempo: gay, trans, queer… ci si nasce o lo si diventa?
L’argomento prende il nome di Bioessenzialismo, ed è in effetti uno dei più discussi degli ultimi tipo cento anni - dentro e fuori dalle teorie queer - per la sua natura ambivalente. Innanzitutto, perché si innesta su apparati di ricerca (su per giù la psichiatria e la genetica, anche se mi limiterò quasi esclusivamente alla prima) che non solo non sono in grado in maniera appropriata di indagare la faccenda, ma che - soprattutto - non sembrano sinceramente essere interessati a farlo. Inoltre, come vedremo, anche qualora si fosse in grado di rispondere alla domanda sarebbe difficile capire quali siano le conseguenze da trarne, in positivo e in negativo.
Alcuni studi in tal senso realtà esistono, anche se la maggior parte di questi risale al secolo scorso, ma condividono a prescindere alcuni problemi (che in realtà sono semplici caratteristiche) comuni a tutta la ricerca psichiatrica: analizzano categorie piuttosto convenzionali per trarne conclusioni statisticamente rilevanti che vanno ben lontano dalle certezze. La psichiatria ha infatti un interesse prettamente medico, poiché il suo obiettivo è quello di individuare delle categorie diagnostiche funzionali al supporto medico e terapeutico, ed è importante notare che anche all’interno del suo spazio proprio di lavoro non è in grado di fornire risposte esaustive circa le cause dei disturbi mentali, pur essendo riuscita ad individuarne alcune componenti genetiche.
E’ importante anche aggiungere che quasi tutta la Scienza moderna - medica e non solo - NON è più una Scienza dei “Perchè le cose funzionano così?”, ma nel corso dei secoli si è affermata sempre più come la Scienza del “Come funzionano le cose? Come possiamo farle funzionare?”.
In termini di importanza credo che sarete d’accordo con me nel dire che, nella scelta tra sapere tutti i dettagli sulle cause della mia malattia e sapere come curarla, vince decisamente la seconda. Sviluppare farmaci, consolidare prassi assistenziali e terapeutiche non solo è qualcosa di infinitamente più raggiungibile, ma senza dubbio di prioritario sullo studio e il riconoscimento del funzionamento del cervello e della personalità umana in quanto tali. Questo ovviamente non significa che non esista più tout court un interesse nello studio dei nessi causa-effetto, soltanto è importante notare che non costituiscono più una priorità nell’ordo cognoscendi. Ne consegue che comunque finora l’interesse della psichiatria nelle nostre tematiche si sia orientato principalmente ai seguenti obiettivi:
Definire criteri diagnostici per la queerness (ricordando che le persone trans* in Italia tutt’ora sono costrette a passare per un vero e proprio iter diagnostico per accedere ai loro diritti).
Tentare di curare la queerness.
Per questo, nel momento in cui si è deciso (per decisioni Politiche più che Accademiche) che l’omosessualità e la transgenerità non erano più patologie (ufficialmente la prima dal 1992, la seconda dal 2019), è terminato quasi tutto l’interesse della psichiatria nella tematica queer. Rimane spazio aperto per la psicologia ovviamente, ma solo nel decostruire stereotipi associati alla queerness, nel sostenere appropriatamente il nostro minority stress ecc ecc e insomma nel costruire quella prassi intersezionale necessaria per accoglierci adeguatamente in uno studio.
E’ possibile però - e questa è un’operazione comune in Filosofia della Scienza ed Epistemologia - immaginare una Scienza Futura, o una “Scienza Perfetta” migliore e più efficace di quella odierna, che sia in grado finalmente di dare una risposta alla nostra domanda. O immaginate se preferite di incontrare un genio onnipotente a cui fate la domanda “gay si nasce o si diventa?”. Immaginiamo insomma di potere in qualunque modo avere accesso a questa informazione sulla natura umana in maniera stabile e affidabile. Ma poi, delle risposte che ce ne faremmo? Quali conclusioni potremmo - o dovremmo - trarne? Se scoprissimo che nasciamo trans, sarebbe meglio che scoprire che lo diventiamo? Se scoprissimo che le nostre sfere di attrazione sono predeterminate e perciò non sono davvero fluide, dovremmo prenderla come una rassicurazione o come una condanna?
Se la transgenerità fosse innata, ad esempio, avremmo scoperto che in qualche misura il genere esiste, e che non è solo un concetto definito da norme sociali e convenzionali. Questo però potrebbe rafforzare enormemente una lunga serie di discorsi sessisti come “le donne sono fatte così e gli uomini sono fatti cosà”, perchè avremmo imparato che il genere sta nei geni e che funziona più o meno allo stesso modo del sesso biologico (infatti l’esistenza di un “gene trans” implica di fatto anche l’esistenza di un “gene cis”, o almeno di un gruppo di tali geni). Ne uscirebbe una Scienza più trans-inclusiva, ma al contempo più divisiva e meno universale, e più soggetta anche a manipolazioni conservatrici.
In generale, inoltre, una conferma del Bioessenzialismo sarebbe interpretabile sì come una legittimazione dell’esistenza delle persone queer, ma aprirebbe anche il campo all’eugenetica, suggerendo l’idea che sia in qualche modo possibile eliminare la queerness alla radice. Se la queerness fosse genetica, cosa impedirebbe di ritornare a considerarla a tutti gli effetti una patologia? O una disabilità? Posto che io non sarei d’accordo con queste conclusioni, mi sembra evidente che la discussione finirebbe per riaprirsi, anziché chiudersi definitivamente.
La Scienza è infatti soggetta alla politica e alla filosofia (e non il contrario), ed è pertanto possibile immaginare infinite applicazioni per ogni invenzione così come infinite interpretazioni per ogni scoperta.
Un Regime Nazi-Futurista dotato di una Scienza Perfetta sarebbe in grado di sapere in anticipo - analizzando molto semplicemente il genoma di ogni creatura già poco dopo il concepimento - se questa persona sarà o meno gay o trans, e in caso positivo, poichè le persone queer sono fastidiose per il regime, di ordinarne l’interruzione di gravidanza. Non credo serva aggiungere molto altro per far capire, insomma, che da ogni idea di ipertecnologia è possibile derivare facilmente la costruzione di un universo distopico.
Immaginiamo ora la situazione opposta: grazie alla nostra Scienza Perfetta scopriamo che l’orientamento sessuale non è innato ma fluido, e per quanto influenzato dalle nostre componenti genetiche è determinato in ultima analisi solo dalle nostre esperienze personali, dalle persone che ci circondano, dalla nostra educazione, dalla cultura ecc ecc (o anche solo da un sottoinsieme di queste cose).
Sotto molti punti di vista questo universo non-essenzialista è meraviglioso: l’essere umano ha la possibilità di cambiare di farsi influenzare dal contesto in cui sceglie di inserirsi, e grazie alla decostruzione politica, al progresso civile e personale può acquisire nuovi modi di essere, di percepirsi e di capirsi. Ad esempio, in questa prospettiva - che mi piace forse un po’ immaginare come una metafisica degli affetti - conoscere il poliamore significherebbe letteralmente acquisire un nuovo modo di amare, che genera nuove connessioni e nuove emozioni (laddove in un mondo bioessenzialista dovremmo dire che io sono sempre stata poliamorosa ed ho sempre avuto quelle emozioni in me, solo che ancora non lo sapevo).
Ma di nuovo questo nostro esercizio immaginativo ci riporta con i piedi per terra, costringendoci in qualche modo anche a ricordare che, in effetti, esistono MOLTI discorsi che partono proprio dal presupposto di poter cambiare la sessualità e l’identità di genere di una persona. Ve le ricordate le terapie di conversione? Sapevate che in Italia sono ancora legali, sì? Forse ci farò un articoletto sopra prima o poi… boh.
Comunque l’idea che genere e sessualità siano attivamente modificabili rimanda di fatto alle possibilità di manipolazione e di controllo - da parte di qualunque autorità sufficientemente potente - sul genere e la sessualità delle persone che ci circondano, che è su per giù il timore che genero io (Luna Chloe) in ogni madre o padre conservatore che scopre che una donna trans* lavora nella scuola in cui manda la sua prole. Dopotutto, se il genere e l’attrazione si possono modificare, e se una terapia può farti “tornare etero”, allora una terapia (o l’esposizione alla teoria gender, LOL) può farti diventare gay, o trans.
Insomma, di nuovo la discussione sulle implicazioni rispetto a temi politici come l'assistenza medica o i diritti civili sembra essere di nuovo ben lontana dal suo termine.
Ovviamente il nostro esercizio immaginativo potrebbe continuare all'infinito, provando ad esempio ad immaginare il panorama successivo alla eventuale scoperta che il genere fosse innato ma la sessualità no, o viceversa, o alla scoperta che ad essere innati sono solo alcuni sottoinsiemi di proprietà primarie e secondarie, che a loro volta determinano il genere e l’attrazione, o… insomma, con questi casi potete divertirvi tranquillamente in autonomia. Come si dice in Matematica - non senza una certa ironia di quando in quando - “lasciamo al lettore lo svolgimento di questa facile dimostrazione".
Ciò che deve restare chiaro, in tutti questi casi, è che la Realtà non se ne fa niente dei “fatti”, e che le persone rimangono libere di interpretare qualunque “fatto” in concordanza con le proprie credenze sul mondo. Credenze che peraltro, esistendo, costituiscono a loro volta un “fatto” (ovvero il fatto che le persone credano certe cose o facciano certe valutazioni). La Politica e la Filosofia costituiscono in prima analisi il quadro concettuale in cui gli esseri umani ragionano sul mondo, la cui interpretazione segue, non precede, la formazione dei nostri schemi di pensiero.
Provando a trarre qualche semplice conclusione, tutto questo mi sembra avere almeno due conseguenze importanti.
Il riconoscimento della nostra esistenza, così come la validazione sociale delle nostre esperienze, probabilmente non passerà da un paper scientifico, né da una nuova versione del DSM. La Scienza fornisce dati di realtà che vanno poi interpretati solo a partire delle nostre visioni politiche.
Abbiamo, e continueremo ad avere, la libertà di descrivere le nostre esperienze come ci pare. Possiamo dire rispetto al nostro essere queer di averlo “sempre saputo”, possiamo dire di averlo “scoperto”, così come possiamo dire che eravamo qualcosa che ora non siamo più (ad alcune persone è comodo dire “ero uomo e ora sono donna”, perché descrive i loro sentimenti rispetto al loro percorso personale e ai loro stati mentali, e non ha in alcun modo il potere di invalidare la nostra descrizione della nostra esperienza).
E’ giunto il momento, credo, che la comunità queer si stacchi da retoriche sterili - e spesso mutuate dalla cultura pop più che da quella politica, un po’ alla “Born this way” (niente shade a Lady Gaga però oh che ci posso fare) - per abbracciare quella complessità intersezionale di cui si parla tanto, spesso senza capirne molto. La validità delle esperienze queer non va scientificamente giustificata, né più né meno di quella straight (cioè non queer), e la possibilità di una convivenza civile non dipende da quanto riusciremo ad essere accademicamente convincenti. O almeno questa è la mia convinzione.
Anche per questa settimana è tutto,
a presto,
Luna Chloe
Concordo con i punti fondamentali del ragionamento e delle conclusioni!
Ci sono tre frasi lungo l'articolo su cui non mi ritrovo, invece. Mi permetto di segnalarle tenendo fermo che non credo sia poi così rilevante per il senso dell'articolo:
"La Scienza è infatti soggetta alla politica e alla filosofia (e non il contrario)"
"La Politica e la Filosofia costituiscono in prima analisi il quadro concettuale in cui gli esseri umani ragionano sul mondo, la cui interpretazione segue, non precede, la formazione dei nostri schemi di pensiero."
"La Scienza fornisce dati di realtà che vanno poi interpretati solo a partire delle nostre visioni politiche."
Mi sembrano stipulare una divisione radicale e qualitativa tra le attività scientifiche, filosofiche e politiche che non mi sembrano aderenti alla "sporcizia" e commistione reale, bensì più a una versione purificata e idealizzata.
Così come filosofia e politica influenzano la scienza succede anche il contrario (giusto per nominare tre esempi: tecno-ottimismo, positivismo, ma anche la filosofia cartesiana si è costruita sul clima del tempo dovuto anche alle innovazioni tecnologiche), è una strada a doppio senso, non a senso unico.
Riguardo l'ultima frase, mi viene da dire che le scienze ci forniscono dati 'di realtà' che sono già pieni di 'interpretazione' e valori, e non penso vadano interpretati 'solo' a partire dalle nostre visioni politiche. Mi sembra più verosimile immaginare l'interpretazione dei risultati scientifici come una fitta rete di senso in cui insieme alle visioni politiche sono rilevanti anche altre conoscenze scientifiche di altri ambiti, e tante altre cose ancora.
Non penso che le visioni politiche debbano essere completamente scollegate dalle componenti dei 'dati di realtà, né il viceversa chiaramente. È un po' il motivo per cui, seguendo John Dupré, a oggi l'impostazione tipica della fallacia naturalistica/is-ought problem di Hume mi sembra semplicistica nel modo in cui divide in modo così radicale le asserzioni fattuali e le asserzioni valoriali. D'accordissimo sul non poter derivare il dover essere dall'essere; non d'accordo sull'immaginare che ci siano poi così tante asserzioni che rimangono esclusivamente nel campo dell'essere/fattuale. I valori si insidiano un po' ovunque, fin nel modo stesso in cui categorizziamo le cose e le loro proprietà, e viceversa questioni fattuali informano anche le posizioni politiche e filosofiche. Si possono distinguere logicamente le componenti, ma nelle asserzioni reali e a maggior ragione nelle teorie e posizionamenti reali, ci sono sempre questioni di valori e di fatti interlacciate assieme e che si influenzano a vicenda.
E niente, ci tenevo a dire 'ste cose per deformazione professionale ahah e ipotizzo ci troveremo anche d'accordo e che siano state semplificazioni per mantenere l'articolo più breve e digeribile.
Ancora complimenti per l'articolo e anche i precedenti, e per l'idea stessa di aprire un blog di questi tempi :3