Biancaneve
Hei tu, ciao! Sono molto contenta che tu sia qui, a leggere il primo articolo del mio blog. E’ difficile trovare il modo perfetto per iniziare una cosa che, per sua definizione, è fatta di tanti piccoli pezzettini, perciò scelgo di partire da un mio vecchio lavoro su una Fiaba Classica, una che più Classica non si può, ovvero Biancaneve. Le fiabe (e le storie per adolescenza e infanzia in generale) sono uno dei più importanti veicoli di trasmissione di valori e saperi, in ogni civiltà. Per questo motivo mi era sembrato divertente provare a maneggiare quei racconti per renderli attuali, nuovi, e spero divertenti. La mia Biancaneve parla di Amore, di Specchi e, soprattutto, di Trans-Misoginia, che sarà uno dei temi portanti del mio lavoro qui dentro.
Bando alle ciance, però. Che ci sarà modo di parlare meglio nella prossima puntata.
Buona lettura, e a presto.
Luna Chloe
“Tanto tanto tempo fa, nel buio del suo castello, stava la Regina Cattiva. Ora, sicuramente voi questa regina già la conoscete, ma si conviene comunque di raccontare qualcosa, sia su di lei che sulla donna che le faceva perdere il sonno, ovvero Biancaneve. Occorre cominciare dallo specchio. Lo specchio magico, lo specchio delle Brame, lo specchio con cui la Regina ogni sera parlava, iniziando a recitare la celeberrima formula: “Specchio servo delle mie brame… chi è la più bella del reame?”. Ed ogni sera, puntuale come ormai da anni, lo specchio rispondeva che era Biancaneve. Questo specchio magico, dovete sapere, aveva moltissimi poteri ma anche un grande difetto: non mostrava il mondo per come era, ma per come lo si desiderava. La Regina serbava un ferocissimo odio per Biancaneve. “Travestiti, transessuali e prostitute di ogni razza e genere”, avrebbe detto, se le avessero chiesto chi fossero le persone che al mondo disprezzava di più. Essere considerata meno bella di quello che per lei era niente più che un uomo in parrucca le faceva rodere il fegato e torcere le budella, e così giorno dopo giorno l’invidia e l’odio della Regina andavano deformando sempre più l’immagine di Biancaneve, che ora allo specchio le appariva come un uomo delle caverne. Una sera, udita per l’ennesima volta quell’insopportabile “Biancaneve” in risposta alla sua solita domanda, la Regina non ci vide più dalla collera: urlando e sbraitando, fece chiamare al suo cospetto il Cacciatore, e gli ordinò di prendere il suo arco e le sue frecce, di sellare il suo cavallo e galoppare senza sosta sino a che non avesse trovato Biancaneve, e infine di ucciderla. Il Cacciatore era innamorato della Regina, e nella vana speranza di entrare nelle sue grazie avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di compiacerla. Così partì senza pensarci due volte. Biancaneve, dal canto suo, viveva una vita splendida: finalmente era sè stessa e tutti la amavano, ma soprattutto era finalmente la donna indipendente che aveva sempre voluto essere. Aveva messo su un’attività di gioielleria con i famosissimi Sette Nani, minatori ed orafi di grandissima fama, e gli affari non potevano andarle meglio di così. Quando arrivò il cacciatore, madido di sudore per il lungo viaggio e con gli occhi da assassino, la ragazza non ebbe altro da dargli che un sorriso: un sorriso bello e spensierato, di chi è felice di essere vivo e del posto in cui si trova. Fu così che il cuore del cacciatore cambiò improvvisamente idea, e si voltò verso Biancaneve con l’emozione di chi ha colto per la prima volta la bellezza di un fiore, della neve o della luna piena. Come colpito da una freccia d’amore, l’uomo non seppe alzare mano contro di lei, e lo stupore e il dolore di averla voluta uccidere furono così grandi che il Cacciatore decise di scappare, lontano da lei e dalla donna che gli aveva affidato un compito così ignobile e meschino. Udita la notizia la Regina ebbe un eccesso di rabbia così spaventoso da far tremare la terra sotto i suoi piedi. Rimasta sola, distrutta e folle di frustrazione, alla Regina non rimase che prendere il coraggio a due mani e prepararsi a fare da sè ciò che andava fatto: eliminare Biancaneve e far tornare tutto com’era un tempo. Si sarebbe trasformata in un’anziana signora, e avrebbe offerto a Biancaneve una mela avvelenata: quel mostro certamente non avrebbe rifiutato nulla da una innocente vecchina, e così l’avrebbe finalmente fatta fuori. Così, il giorno seguente mise in atto il suo piano. Si recò alla bottega dei nani, con il volto rigato dalle rughe modellate con la sua magia e il corpo ricurvo coperto da un pesante mantello nero. Entrò dalla porta, zoppicando e tenendo stretto a sè il suo cestino con la preziosissima mela avvelenata, e Biancaneve era proprio lì. La Regina non la poteva vedere bene, poichè ella era girata di spalle cercando chissà cosa tra gli scaffali, ma subito iniziò con la sua messinscena: “Mia dolce ragazza, fanciulla, vi piacerebbe forse provare la mela più dolce e deliziosa del mondo? Questa povera vecchina sta cercando di farsi un po’ di pubblicità, e quale modo migliore per farlo se non facendo provare le sue mele alle persone più amate del Regno? Provate questa mela, mia cara, e ditemi se non ho ragione.” Ora però, per spiegare quello che accadde da lì in poi, è necessario ricordare quanto detto un po’ più su, all’inizio della storia: la Regina soleva guardare Biancaneve non dal suo balcone, da un binocolo o alla tivù, bensì dal suo preziosissimo specchio. Lo specchio aveva sempre mostrato alla Regina ciò che ella nel suo cuore voleva, ovvero una Biancaneve diversa, grottesca, una Biancaneve per come era quando ancora si chiamava Deadname, caricata del peso di tutto l’odio di cui può essere capace la transfobia di una donna a cui non rimaneva niente se non vaghi ricordi ed una tremenda, sconfinata solitudine. Non c’è da sorprendersi, pertanto, se quando la vide per davvero con i suoi occhi, la reazione della Regina fu lenta e goffa, se non riuscì a spiccicare parola di fronte a Biancaneve, se non riuscì a muovere un dito mentre lei le sorrideva prendendo la mela che le stava offrendo, nè se fu soltanto mentre questa staccava il primo morso che riuscì a capire cosa stava succedendo. Di fronte a lei si era infine svelata Biancaneve per come veramente era, nella semplice eleganza di una ragazza alta ed esile, con un sorriso radioso ed una voce profonda ma gioiosa. Ora che non c’era alcun filtro a giustificare la Regina, ella dovette arrendersi e sciogliere il suo cuore, che come il Cacciatore prima di lei cedette all’amore e provò desiderio che Biancaneve restasse viva. Il suo corpo si mosse da solo verso la ragazza che stava per iniziare a masticare, in un improvviso tentativo di rimediare a ciò che aveva appena fatto, e l’unico modo che trovò per fermarla fu rubandole un bacio: le tolse dalla bocca il pezzo della mela avvelenata, ingoiandolo al posto suo, e in un attimo si ritrovò per terra, e morì. Così Biancaneve visse per sempre felice e contenta nella sua casetta, con la sua bottega, i suoi amici nani, gli animali del bosco e tutte le altre persone che la amavano per come era.”
Fine